Per oltre 40 anni è stato il regno delle bibite gassate, le più famose del mondo. Ma da un mesetto, circa, in quegli spazi che portano ancora sul tetto la celebre insegna della Coca-Cola, si produce un’altra bevanda che a Busto Arsizio ha una sua bella storia: la birra artigianale dell’Orso Verde, o Birra OV secondo il recente cambio di denominazione.

L’azienda bustocca, fondata nel 2004 da Cesare Gualdoni e ora divenuta una società più ampia, si è ormai insediata nella sede che un tempo fu della Coca-Cola in via Magenta, nel quartiere di Sacconago. Un’operazione prevista da prima della pandemia che ora sta andando pienamente a regime e che ha permesso a Birra OV non solo di ingrandirsi ma anche di modernizzare buona parte delle attrezzature e dei processi produttivi.

Un restyling in grande stile che proseguirà con l’apertura di una tap-room e, ovviamente, con un aumento dei volumi di birra che faranno della brewery bustocca un punto di riferimento sempre maggiore.

Il nuovo stabilimento ha una superficie di circa 2000 metri quadrati al coperto e di ulteriori 400 all’esterno. Il cuore produttivo è il nuovo impianto di marca “Spadoni” che è stato posizionato davanti a una vetrata che, con l’interno illuminato, regala anche un grande colpo d’occhio dall’esterno. «L’avere un grande spazio a disposizione rispetto alla vecchia sede di via Petrarca è sicuramente il vantaggio più evidente – spiega Andrea Rogora, il birraio che sovrintende alle operazioni della sala cottura – e i numeri sono qui da vedere. Il nuovo impianto è molto versatile, ci consente di fare più di una cotta al giorno senza dover ricorrere a straordinari o a fuori orario. Ogni cotta ha un volume nominale di 20 ettolitri ma riusciamo ad arrivare a 22-23 per volta e a pieno regime abbiamo previsto una produzione annua di 4.800 ettolitri. Più del doppio rispetto agli anni scorsi, quando al massimo potevamo arrivare a quota 2.000». Volumi che non preoccupano a livello di commercializzazione: di fatto la produzione di OV negli anni scorsi era “già venduta” al momento della cotta e non bastava a soddisfare la richiesta. Ora c’è più birra a disposizione ma gli indicatori interni dell’azienda sono decisamente postivi.

Anche la cantina è stata ampliata: «Abbiamo mantenuto alcuni vecchi serbatoi da 22 ettolitri ai quali ne abbiamo affiancati altri, nuovi, da 30. In totale possiamo stoccare sino a 350 ettolitri, con due fermentatori che utilizziamo solo come ultimo passaggio prima del confezionamento. E poi abbiamo una cella per la rifermentazione che attende di essere completata al pari di quella frigorifera». Andrea però sottolinea anche i vantaggi tecnologici disponibili grazie al trasferimento in via Magenta: «Ne abbiamo approfittato per adottare un nuovo software gestionale, espressamente dedicato alle necessità dei birrifici con il quale velocizziamo e semplifichiamo tutto il processo. Dalla produzione alla gestione degli ordini fino alle incombenze burocratiche». Un passaggio necessario per un’azienda che occupa a vario titolo una decina di persone e, da quando ha visto l’allargamento della compagine societaria, ha lavorato a fondo anche sull’immagine, sul marketing e sul consolidamento della rete commerciale.

Paradossalmente, l’unica cosa che non diventerà più grande con il trasloco è il numero di birre a disposizione della clientela. «Abbiamo la gamma delle birre storiche di Cesare (dalla Wabi alla Rebelde, dalla Nubia alla Backdoor solo per citarne alcune ndr) alla quale sono state affiancate numerose novità – conferma Rogora – tra le quali spicca la IPA Fever che ha avuto un successo davvero rilevante. In tutto sono 20-21 birre diverse, una gamma completa che per il momento resterà tale. Ora ci concentriamo sull’ottimizzare l’impianto e su altri aspetti, poi quando la nuova sede sarà del tutto operativa penseremo anche alla “carta” delle birre».

Intanto, nei prossimi mesi, cambierà l’area aperta al pubblico, quella di fronte all’ingresso dove è stato approntato lo spaccio aziendale per far fronte alla grande richiesta natalizia. Spazi destinati alla tap room interna (i progetti sono già pronti) che si aggiungerà all’altra a marchio OV presente nel centro storico di Varese (è stata invece chiusa quella sui Navigli a Milano). Un locale a tutti gli effetti che avrà in più il fascino di essere praticamente “a contatto” con l’impianto produttivo e che permetterà anche una riorganizzazione dello spaccio stesso. Una mossa che permette (vale per tutti, non solo per OV) di smerciare direttamente parte della produzione con tutti i vantaggi del caso e di avere un contatto diretto con una parte affezionata di clientela.

Segui la pagina di MALTO GRADIMENTO su Facebook 
Segui il profilo di MALTO GRADIMENTO su Instagram
Iscriviti al canale di MALTO GRADIMENTO su Telegram