Che la zona del Gallaratese e della Malpensa sia storicamente legata al volo, è cosa nota al mondo intero, anche solo per via dell’aeroporto internazionale per il quale tutti, prima o poi, sono transitati. Meno noto però è il fatto che fin dalla fine del Settecento, da quelle parti, la gente era attratta dal volo e dalla possibilità di attraversare il cielo con strumenti costruiti dall’uomo.

C’è un episodio che ricorda proprio quei momenti: nel febbraio del 1784, alcuni abitanti di Gallarate organizzarono in piazza Garibaldi (allora si chiamava piazza Pasqué) una dimostrazione del volo di un pallone aerostatico. Un esperimento che venne ripetuto, richiamando un grande pubblico, ma quella volta le cose non andarono per il verso giusto: il pallone prese fuoco e così i gallaratesi vennero apostrofati come “Brùsa balùni” dai vicini di casa di Busto Arsizio, che non persero l’occasione di punzecchiare i rivali della città vicina. 

Foto: Christian Pagani Photography

Cosa c’entra tutto questo – vi starete chiedendo – con la birra? Beh: proprio il nomignolo riferito a quell’episodio storico è stato scelto per “battezzare” una nuova birra artigianale dedicata alla Città dei Due Galli. Un’idea che è nata durante il 2020 (del resto, di tempo per pensare, ce n’è stato parecchio…) da due locali cittadini e da un birrificio varesino. Si tratta del Barley House di via San Giovanni Bosco, tanto piccolo quanto vivace punto di riferimento del movimento della birra artigianale e Gallarate e del Mimì Taste Lab di via Giordano Bruno, una novità nel panorama cittadino, specializzato soprattutto nel mondo della miscelazione (cocktail, per intenderci).

Il birrificio invece è il 50&50 di Varese (a proposito: a breve dedicheremo a esso un articolo più approfondito) presso il quale la “Brùsa Balùni” è stata realizzata, dando inizio a una collaborazione che – quando sarà possibile – sfocerà in una serie di ulteriori manifestazioni già in cantiere.

Foto: Christian Pagani Photography

La birra è una pilsner di ispirazione tedesca (viene definita Quarantine Pilsner, per ricordare il periodo particolare nella quale è stata pensata), con una rivisitazione della ricetta per quanto riguarda la luppolatura che la porta nell’ambito delle italian pilsner (non uno stile riconosciuto ma una tendenza, legata appunto all’uso del luppolo, che negli ultimi anni si è imposta all’attenzione). La birra, di colore dorato con un bel cappello di schiuma bianca, ha un tenore alcolico piuttosto basso (5,0%) che ne favorisce la beverinità.
Il progetto grafico delle lattine – il formato è quello da 40 cl., ormai “di casa” a 50&50 – è stato affidato a un giovane designer, Fabio Montagnoli che ha scelto il giallo intenso come colore dominante: anche grazie al suo lavoro possiamo immaginare quella scena di fine Settecento che ha dato via ai “Brùsa Balùni” di Gallarate.

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