Qualche giorno fa il Barley House di Gallarate ha festeggiato il proprio sesto compleanno. Un traguardo significativo per uno dei locali del Varesotto interamente dedicati alla birra artigianale: una scelta chiara e netta fin dall’apertura che fa degli spazi (rinnovatissimi rispetto agli inizio) del centro storico gallaratese un osservatorio privilegiato del nostro mondo sul territorio.

Per capire qual è stata l’evoluzione di prodotti e consumatori in questo lasso di tempo, segnato nettamente dall’avvento e poi dalla risoluzione della pandemia, abbiamo intervistato Simone Castiglione, socio del Barley insieme a Silvano Monticelli e profondo conoscitore – da appassionato oltre che da addetto ai lavori – del mondo craft.

UN PUBBLICO CHE SI AMPLIA – Innanzitutto è interessante valutare come sia variata, in questo periodo, la tipologia dei clienti di un locale come il Barley House. «Prima di tutto vale la pena dire che la platea si è ampliata – spiega Castiglione – Nel primo periodo avevamo un alto tasso di grandi appassionati di birra artigianale, molti considerati nerd di questo ambito. Poi però si è via via aggiunta una clientela nuova: si sono avvicinate le famiglie, in particolare da quando abbiamo aggiunto il servizio di cucina (settembre 2022) mentre abbiamo notato che ci sono molti appassionati “nuovi”, persone che negli ultimi anni hanno sviluppato una grande attenzione alla cultura birraria».

PANDEMIA: UN PROBLEMA MA ANCHE UNA SVOLTA – La spada di Damocle della pandemia ha colpito con durezza il settore della ristorazione e quelli strettamente collegati. Un danno ma anche una opportunità, almeno per il gruppo del Barley: «Di certo è stato un periodo difficile che ha interrotto un ciclo che per noi era di crescita – sottolinea Simone – Però è anche stato un avvenimento che ci ha fatto intraprendere un modo differente di lavorare. Abbiamo avuto la fortuna e la prontezza di capire fin da subito che avremmo dovuto trovare strade alternative per far sopravvivere il locale. Avevamo già nel cassetto tanti contatti diretti con la nostra clientela e ci sono stati molto utili: siamo partiti subito con il delivery e a seguire con gli eventi online. Questo ci ha permesso anche di raggiungere persone che ci conoscevano già ma che, per ragioni di distanza, frequentavano poco il Barley. Ricevere le birre a domicilio, poter interagire con noi sono state svolte positive che hanno fidelizzato la clientela».

CULTURA MAGGIORE – Rispetto agli inizi, oggi chi varca la soglia del Barley sa che tipo di locale e di prodotti incontrerà. Merito di un accrescimento generale della cultura brassicola, anche artigianale. «Non stiamo parlando, sia chiaro, di una cultura dominante – commenta Castiglione – però è indubbio che ci sia una conoscenza del prodotto superiore rispetto al passato. Oggi in genere la gran parte degli avventori ha una idea di cosa sia la birra artigianale, è raro che io debba spiegare per filo e per segno che tipo di prodotto sia, quali siano le differenze con l’industria e via dicendo. Finalmente possiamo dare per scontate una serie di cose, anche perché l’artigianale è ormai disponibile, seppure in parti ridotte, in locali e rivenditori non specializzati come siamo noi».

LUPPOLO RESISTENTE, MA TORNANO LE “TEDESCHE” – Interpellato sull’evoluzione dei gusti dei clienti, Simone Castiglioni spiega: «L’ondata iniziata anni fa delle birre molto luppolate resiste tutt’ora ed è diventata ormai una costante. Anche se, per quanto riguarda le IPA, mi sembra si sia superata la fase di quelle particolari come le NEIPA: c’è piuttosto un ritorno ai profumi della West Coast o anche alle IPA più classiche. Inoltre nell’ultimo periodo vedo una nuova attenzione verso le basse fermentazioni e verso le birre in stile tedesco: una ottima pils oggi è gradita al consumatore che vuole bere bene e che, magari, preferisce ripetere una bevuta di livello piuttosto che cambiare verso qualche stile meno “sicuro”. Parlando di “mode” poi, questo è il momento delle pastry stout e delle barriccate. Al Barley inoltre c’è grande attenzione verso le acide ma ciò dipende anche dal fatto che nel nostro locale abbiamo sempre cercato di spingere verso le fermentazioni spontanee. La gente ha imparato a conoscerle e ad apprezzarle: oggi una spina è fissa per questo genere di birre».

LA SFIDA DEL PUBLICAN – Quanto è difficile oggi, per un publican, restare in linea con le tendenze birrarie del momento? Che, come noto in Italia possono cambiare nel giro di qualche mese? «Bisogna dire che c’è una serie di birrifici, quelli più importanti, che “governano” il mercato con le loro scelte: seguendo quelli si capisce meglio quale direzione prenderà il commercio delle birre nel periodo successivo. Poi certo, al publican rimane la parte più difficile ma anche quella più intrigante del nostro lavoro: capire quali sono i prodotti migliori in quell’ambito, selezionare le bottiglie che faranno la differenza. È faticoso ma resta il lavoro più bello e interessante».

Segui la pagina di MALTO GRADIMENTO su Facebook 
Segui il profilo di MALTO GRADIMENTO su Instagram
Iscriviti al canale di MALTO GRADIMENTO su Telegram