Quindici anni fa (era il 2004) la provincia di Varese iniziò a scoprire la birra artigianale. O meglio, piazzò il primo avamposto in un campo che molti conoscevano grazie ad alcuni produttori già attivi nelle terre circostanti (il Birrificio Italiano di Lurago Marinone o il Lambrate di Milano, su tutti) ma che dalle nostre parti di fatto aspettava ancora il “primo passo”. Certo, a Saronno era già nata la “Fabbrica” che però era un brewpub: il primo vero birrificio fu dunque quello impiantato da Cesare Gualdoni che, dopo averci pensato a lungo, lasciò la vecchia professione e diede il via all’avventura dell’Orso Verde di Busto Arsizio.

Cesare Gualdoni in plancia di comando al Varese Beer Festival

Oggi il birrificio di via Petrarca è ancora attivo e assai vivace, ha affiancato due locali (a Milano e Varese) allo stabilimento di produzione e proprio in questa settimana ha deciso di festeggiare l’importante ricorrenza con una serie di eventi (ne parlammo QUI) e con una nuova birra creata per l’occasione. Qui, nella redazione di Malto Gradimento, non potevamo che tributare un omaggio a modo nostro a questa bella storia e al suo ideatore: ecco dunque una intervista in quindici domande “botta e risposta” a Cesare Gualdoni. Buon compleanno, Orso!

1) Cesare, cosa ricorda di quel primo giorno di Orso Verde?
«Ricordo che… non era un giorno ma una notte, quella a cavallo tra il 30 aprile e il 1° maggio. Nel pomeriggio arrivarono gli ultimi permessi necessari, mi misi subito al lavoro con la prima cotta. Insomma, iniziai con un turno notturno e festivo». 

2) E dell’ultimo giorno fino a questo momento, cioè ieri?
«Mi cogli impreparato: di sicuro ero alle prese con qualche casino: non nascondo che la vita, per chi fa il mio lavoro, si è parecchio complicata con il passare degli anni».

3) La birra che preferisce tra quelle prodotte dall’Orso Verde
«Non posso rispondere con un nome secco, ce ne sono tante che mi hanno emozionato o comunque soddisfatto in determinati momenti. Oggi direi due tra le ultime nate, la pils Katzenbrau e la Örsch, la nostra birra in stile kölsch».

4) Invece, la birra preferita tra quelle realizzate da altri birrai italiani
«Anche qui è difficile citarne una sola, anche perché per fortuna ci sono in giro tante buone birre artigianali italiane. Diciamo che le mie preferite sono le pils e tra loro cito sicuramente la Tipopils di Agostino (Arioli, Birrificio Italiano). Poi dico la Rödersch di Bi-Du, ma vi garantisco che non sono le sole».

5) Il nome di un collega di cui non può fare a meno, nel bene
«Se ne cito uno, gli altri si arrabbiano. Anche qui, per fortuna, ce ne sono diversi».

6) Per contro, quello di un birraio che non sopporta
«Una categoria intera: tutti quelli che fanno il nostro lavoro senza la passione. Non fanno del bene alla categoria, il prodotto non è tutto».

Che forza, il Cesare!

7) C’è una birra che non rifarebbe?
«Quelle al miele, mi hanno stufato. E poi (ride) anche per rispetto alle api, visto che di miele ce n’è sempre di meno. Lo usavo per le natalizie, ora basta».

8) E quella che vorreste brassare e che non ha ancora fatto?
«Parecchie, e qualcosa bolle in pentola per colmare qualche lacuna. Ma è troppo presto per annunciare qualcosa, in questo momento dobbiamo pensare a tutto ciò che stiamo già facendo».

9) Qual è il complimento più bello che le hanno fatto in questi 15 anni?
«È sempre piacevole quando una persona comune, al di fuori del “giro” birrario, ti dice che da quando ha conosciuto le tue birre, non riesce più a bere quelle “comuni”, da supermercato. Significa che con il nostro lavoro abbiamo colpito nel segno. Poi qualche volta mi dicono che sono bello, ma è un complimento a cui non credo (ride)».

10) La scelta che ritiene più azzeccata da quando ha aperto l’Orso Verde
«Beh, in fin dei conti la decisione più giusta è stata proprio quella di fondare il birrificio, una cosa che mi ha cambiato la vita da un giorno all’altro, anche se fu una scelta meditata per diverso tempo».

11) La scelta invece che non rifarebbe
«Idem come sopra (citando Guccini ndr), “se io avessi previsto tutto questo”. L’ho già detto, non è semplice e anzi è sempre più complicato. Diciamo però che ormai non ci spaventa più niente».

12) La sua nazione preferita dal punto di vista brassicolo
«Tutto sommato l’Italia per quanto riguarda la varietà di scelta e la capacità di innovazione. Per quanto invece il livello storico, credo che la Germania sia il mondo più vicino al nostro modo di lavorare e intendere la birra».

13) Una definizione per l’attuale momento del movimento artigianale italiano
«Sono un po’ al di fuori del giro, nel senso che non facciamo parte delle associazione di categoria, per quanto riguarda la birra, e che vedo i colleghi ogni tanto ma senza continuità. Mi sembra comunque un mondo ancora vivace, talvolta però un po’ autocelebrativo».

14) Cosa pensa delle birre crafty?
«Capisco chi, come Agostino Arioli, le vede come il male assoluto, ma allo stesso tempo penso che possano avvicinare la gente comune a certi profumi e certi sapori. Capisco anche chi ricorda che appartengono alle multinazionali, ma al giorno d’oggi questo discorso vale per tutti i prodotti. Penso che l’importante sia essere chiari: noi, per esempio, siamo chiaramente e orgogliosamente artigiani».

15) E della presenza di birre artigianali nella grande distribuzione organizzata?
«Tendenzialmente è una opzione che non mi piace, anche se credo che in futuro si andrà in quella direzione. Sono ancora scettico sul come possono essere trattate le birre, temo la poca cura del prodotto e inoltre penso che al produttore venga riconosciuto un prezzo troppo basso. Sono abbastanza contrario ma, intendiamoci: la cura ci deve essere anche da parte dei piccoli rivenditori. Troppo facile, talvolta, scaricare i problemi sul birrificio o sul birraio».

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