Apriamo con questo articolo una serie – magari breve ma significativadi birre nate sul nostro territorio in un momento assai complicato, quello del secondo lockdown che avrà modi e tempi diversi e diversificati rispetto alla “prima volta” ma che di certo complicherà di nuovo la vita a tutti, e in modo particolare a tutto il settore legato alla ristorazione. E, di conseguenza, anche al comparto della birra artigianale già provato dai primi mesi di chiusure e ora di nuovo costretto a un nuovo periodo di crisi.

La prima novità di cui vi parliamo arriva da Varese e dalla “fantasia” di 50&50: l’azienda della Valle Olona ha prodotto anche quest’anno una birra con la tecnica del fresh hop, ovvero con l’utilizzo di luppolo fresco, piccola tradizione (nata tre anni fa – QUI L’ARTICOLO) per il birrificio di Elia Pina e Alberto Cataldo. Il luppolo scelto combacia, stavolta, con il nome dato alla birra che si chiama Lotus e che dal punto di vista stilistico è una West Coast IPA.

Il luppolo utilizzato, di origine americana, è però interamente prodotto in Italia: è infatti coltivato nel Modenese dalla Italian Hops Company, una realtà sempre più amata dai brassatori craft di casa nostra. «La birra è molto chiara, profumata, con le note erbacee e floreali del Lotus in grande evidenza e naturalmente i sentori di clorofilla conferiti dal luppolo fresco» racconta Elia a Malto Gradimento. La birra si attesta poco al di sotto del 6% dal punto di vista alcolico e ha un IBU – l’indice di misura dell’amaro – abbastanza elevato (50… come il birrificio!): «Il valore è questo, ma vi garantisco che si tratta di una birra piuttosto facile da bere, come è nella nostra filosofia – prosegue il birraio – L’amaro si sente ma come detto viene accompagnato da una serie di altre note che caratterizzano il prodotto finale».

Con il lockdown, “50&50” tornerà a lavorare il più possibile con i servizi di delivery già messi in campo in primavera, e anche la Lotus sarà compresa nel lotto di birre in bottiglia in grado di essere consegnate a domicilio. «Un peccato che tutto si fermi ora – concludono Elia e Alberto – l’estate è stata proficua perché da giugno a metà ottobre il mercato si era ripreso e ci aveva permesso di lavorare a pieno ritmo. Ora vedremo cosa accadrà: il delivery è utile ma naturalmente non può sostituire il mercato tradizionale».

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