Una capatina a Pavia – nel mio caso per un’amichevole precampionato di basket, QUESTA – val bene un parcheggio quasi in zona a traffico limitato e una passeggiata notturna tra vialetti e vicoli della città vecchia, quelli che portano in via Volturno.

Al civico 14 c’è il piccolo-grande regno di Nix: pochi tavolini, la porta d’ingresso, qualche cartello ironico alle pareti e questo minuscolo locale che sembra un tunnel e che in passato è stato tante cose, salumeria compresa: arrivano da quella gestione le rastrelliere in ferro che un tempo sostenevano i salami e che oggi servono a tenere appesi i bicchieri, sopra il bancone interno che lascia lo spazio per qualche sgabello alto e per il corridoio per andare in bagno. 

A sinistra c’è la porta, a destra il bancone

Questi pochi metri quadrati con il soffitto a volta, da qualche anno sono diventati un fortino della birra artigianale, capace di dissetare passanti, studenti – Pavia è città storicamente universitaria – curiosi e turisti. Nix – cioè Nicola Grande – sta lì in mezzo, con i suoi soliti capelli afro-pugliesi e rimbalza tra le sei spine, i tavolini, il bancone, il piccolo ma potente forno professionale dove sperimenta le sue pizze.
Già, le pizze alla romana, tagliate rigorosamente con la forbice: quasi quasi le coccola più ancora delle birre che ha iniziato a produrre con il proprio marchio e la propria faccia, stilizzata. Se gli dai corda, Nix ti racconta della farina utilizzata, delle “salsine” che usa per renderle ancora più gustose, del funzionamento del fornetto, dell’abbinamento con quel che c’è nel bicchiere.

Poi però si torna lì, alla birra: io e Nix ci siamo conosciuti al Birrificio Settimo che allora si chiamava Siebter Himmel, realtà del quale è stato il birraio per diversi anni. Lui è stato un tassello importante nella piccola storia di questo blog, perché è stato il primo che ho visto in azione in una cotta pubblica (intendo, su un impianto professionale) e perché talvolta mi ha aiutato nell’evitare di scrivere stronzate quando mi inerpicavo in articoli per cui non avevo adeguata competenza.

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Oggi Nicola ha parole buone per la famiglia Barban, quella del “Settimo”, con cui pure non era mancata qualche frizione ai tempi della separazione professionale, e ne ha di altrettanto buone nei confronti di “The Wall” dove produce autentiche chicche per la sua beer firm. Nel bicchiere passa prima la Xelles, poi la WitWit e infine la Malle, tripel di cui Nicola va giustamente fiero (tutte da 0,2, lo diciamo a beneficio degli amici della Stradale, che poi devo guidare fino a casa!). Come va fiero del suo doppio viaggio in Cina dove – erano i tempi di Etnia – andò a produrre in quantità enormi per gli standard italiani e come va fiero di questa tap room di via Volturno 14 dove «se arrivi e hai fame, qualcosa trovi sempre. Un po’ come quando torni a casa e hai il frigo quasi vuoto, ma alla fine metti insieme un pasto mica male». A noi (con me il collega della Prealpina, Giuseppe Sciascia: io gli racconto di birra, lui in cambio mi spiega il vino), con le sue pizze, è andata benissimo. Con le birre, altrettanto alla grande. Anzi, alla Grande (la battuta è scontata, ma vi giuro che arrivata da sola).

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