È raro che la cotta pilota di una nuova birra faccia discutere e attiri su di sé le luci dei riflettori; un evento che invece è accaduto nel febbraio scorso – a Beer Attraction in corso – quando venne annunciata la nascita imminente della GentianIpa, inventata da Jurij Ferri, realizzata sull’impianto del suo birrificio (Almond ’22) ma – e qui sta la notizia – in collaborazione con Meantime. Marchio londinese nato in ambito artigianale che però è da alcuni anni nell’orbita della grande industria e che fa attualmente parte del gruppo giapponese Asahi (lo stesso che possiede anche l’italiana Peroni).
L’accordo prevede che la ricetta sviluppata da Ferri, in collaborazione con i birrai di Meantime, venga poi prodotta e commercializzata dall’azienda britannica attraverso i propri canali, ricalcando quanto già avvenuto in altre occasioni (nel Regno Unito) nell’ambito del programma “Meantime and Friends”. Quella con Almond è quindi la prima iniziativa di questo tipo all’estero, per il birrificio d’Oltremanica, e nei mesi scorsi ha alimentato le voci su una possibile acquisizione come già accaduto per altri marchi del mondo artigianale italiano. Rumors che però non hanno trovato riscontro e che i diretti interessati – Ferri in primis – smentiscono con forza.
La GentianIpa prodotta nella cotta pilota, nel frattempo, è pronta: confezionata solo in fusto (decisione precedente al lockdown) è stata protagonista di un paio di degustazioni “non ufficiali” a Roma e Milano. In quest’ultima occasione abbiamo incontrato Jurij Ferri, scambiando con lui qualche parola sul progetto e sulla birra.
La collaborazione ha sollevato, nel mondo artigianale, perplessità e critiche. Qual è stata quella che le ha dato più fastidio?
«Non ce n’è stata una in particolare, però mi dispiace il fatto che chi ha criticato questa cosa non mi abbia chiesto quale sia stata la “scintilla” che ha portato alla mia decisione. Ecco: io credo che un birraio debba poter scegliere cosa fare in queste situazioni, proprio per il fatto che ci definiamo “indipendenti”. Lavorare a una ricetta con Meantime è stato come fare un concerto insieme a musicisti di un altro genere rispetto a quello consueto. È stato un “mettermi alla prova”: ora so che una mia ricetta può essere prodotta anche su larga scala. Basta, tutto qui. Ma al di là delle critiche, sono anche contento che molti colleghi e amici mi abbiano contattato e fatto i complimenti».
Quindi non ci sono altri accordi tra Almond e Meantime-Asahi?
«No, assolutamente. La collaborazione prevedeva che io realizzassi la ricetta, insieme al birraio di Meantime, e la cotta pilota sul mio impianto. Ora passa tutto nelle loro mani, il mio compito è terminato senza altre condizioni».
La birra è caratterizzata dall’uso della genziana e del farro. Come avete scelto questi ingredienti?
«La volontà era quella di creare una birra che “unisse” l’Italia e l’Inghilterra e avesse anche un riferimento forte della mia regione, l’Abruzzo. Abbiamo scelto la genziana che è una pianta tipica delle mie parti e il farro, che gli antichi Romani hanno esportato nei territori conquistati nella loro espansione. Lo abbiamo in Italia ma per questo motivo è presente e utilizzato anche in Gran Bretagna. Di inglese ci sono anche i luppoli: il fuggle e il bramling cross».
Qual è stata, dal punto di vista “tecnico”, la sfida più interessante nel produrre questa birra?
«Quella di “addomesticare” l’amaro della genziana che doveva essere caratterizzante senza diventare stucchevole. L’obiettivo non era quella di realizzare una birra da famolo strano quanto piuttosto ottenere una birra scorrevole e piacevole».
LA DEGUSTAZIONE
La GentianIpa è una birra con un tenore alcolico del 6,2%; di colore dorato, si presenta nel bicchiere con un cappello di schiuma bianco panna.
Al naso, i profumi si avvertono in modo abbastanza leggero, senza scossoni: c’è la genziana e più in generale si trovano note erbacee e di radice, non invasive. L’inizio della bevuta è ricco: si ritrovano i sapori suggeriti dall’olfatto – quindi la genziana e le erbe – e si avverte una grande freschezza. Subito dopo è il momento dell’amaro, piuttosto tagliente e persistente in bocca, sostenuta comunque da note maltate consistenti. Nel complesso una birra scorrevole, abbastanza facile da bere ma non certo esile.
Ora la domanda più insidiosa è: resterà la stessa con il passaggio a un grande impianto industriale? Tra qualche mese avremo la risposta.
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