(franz) Il viaggio “autobirrografico”  di Alessandro Cappelletti che ospitiamo periodicamente su Malto Gradimento sta volgendo al termine, verso la decima e ultima puntata. Oggi però siamo all’ottava tappa nella quale il nostro “Ale Div” si sposta in Danimarca, almeno in teoria, perché il protagonista della puntata è per sua natura un giramondo. Un gipsy, per usare un termine a lui caro. Si parla – in toni entusiastici, e qui lasciamo la massima libertà all’autore – di Mikkel Borg Bjergsø, ovvero di Mikkeller, uno che può piacere tantissimo o non convincere ma che di certo non può lasciare indifferenti. (foto da Fermentobirra.it)

Episodio 8 di 10 – il Culto di Mikkeller

Quello che è successo nel mondo delle fermentazioni brassicole negli ultimi dieci, quindici anni circa, è piuttosto difficile da ricostruire. C’è stato un momento in cui c’erano birre industriali e birre naturali, crude, non filtrate e non pastorizzate, con materia prima raccolta nei campi di fronte ai birrifici, o quasi, e un momento dopo sono comparsi dei beer-punk che hanno deciso di ribaltare i tavoli e prendersi la scena tutta per loro: nasce il fenomeno artigianale come lo conosciamo adesso.

Ora il mondo è diviso in produttori di birra e home-brewers. La birra artigianale non è più solo quella prodotta con luppoli e malti locali anzi, non è più, punto. La birra artigianale oggi è quella prodotta in certe quantità massime di ettolitri. Che poi venga fatta con pellet comprati su internet in giro per il mondo, è un discorso che prima o poi dovremmo affrontare, ma quel giorno non è oggi.

Ma quando è iniziata questa rivoluzione? E’ un po’ difficile dirlo con esattezza, però possiamo indicare un padre putativo quasi certo di questi screanzati nuovi mastri birrai. Il suo nome è: Mikkel Borg Bjergsø.
Per alcuni è un genio, per altri un dissidente, alcuni dicono che abbia camminato sulle acque gelide dei mari di Danimarca, altri che sia solo un impostore: è quello che succede a tutti i Messia!

Mikkeller è il Big Bang della birra artigianale contemporanea: è stato il primo a sfornare birre nuove in modalità seriale: fino al 2016 ha scelto di non avere un suo birrificio stabile, ha preferito utilizzarne alcuni di già esistenti, così da poter sfruttare le conoscenze acquisite nel tempo da alcuni rinomati produttori per potersi concentrare sulla creatività e sulla realizzazione finale del prodotto, riducendo la parte di ricerca, sperimentazione ed errori sulla materia prima al minimo indispensabile.

De Proef e Cantillon in Belgio, Stone and Ale Smith in California, Brewdog, Bruxton e Jennings in Gran Bretagna, sono solo l’elenco delle prime basi di Mikkeller, elenco che poi è diventato sterminato come sua la produzione: gli ultimi calcoli lo davano a ottocento birre diverse sfornate in meno di 15 anni! Uno dei suoi ultimi progetti, è il tentativo di andare a fare birra in Corea del Nord!

Mikkel Borg Bjergsø ha sfondato una fortificazione secolare che ha permesso a decine, poi centinaia, poi migliaia di piccoli produttori di emanciparsi dai vincoli della tradizione. Questo gipsy brewer, è stato infatti il primo a fomentare le beer firm, i progetti one shot, i concept bar, le tap room, a portare la birra nei ristoranti, a utilizzare ingredienti bizzarri e strampalati, come nel caso celeberrimo della Geek Breakfast Weasel (da non confondere con la Geek Breakfast e basta!) in cui il protagonista, un chicco di caffè, prima di finire a far festa con luppoli e malti, deve sopportare il viaggio completo attraverso l’apparato digerente di un simpatico e odorosissimo animaletto che si chiama Luwak. È la birra, preziosa anche nel prezzo, che ha proiettato il giovane ex insegnante di fisica e chimica nell’olimpo dei grandi mastri birrai. Stare dietro alle invenzioni di Mikkeller è impossibile, a meno di non avere un cospicuo conto in banca e una monomania per questo autore. Io per ora sono al 50% delle need richieste!

Pensa a qualcosa di innovativo, Mikkeller lo ha già fatto! Pensa a un metodo di maturazione differente dal solito, tipo parte in botte di whisky, parte in fusti di acciaio, Mikkeller lo ha già fatto. Pensa a un ingrediente balordo, Mikkeller lo ha già usato. Se proprio lo vuoi sapere: ha usato anche i peperoni! Pensa a un lievito diverso, per esempio da champagne, Mikkeller lo ha già usato! Una american IPA che si veste da IGA grazie all’aggiunta di mosto d’uva Riesling? Fatta! È impossibile stargli dietro, appena ne stappi una, lui ne ha già inventate tre! E raramente la qualità scende sotto la delizia libatoria, nonostante la bizzarria di alcune sue invenzioni.

Barley Wine, Strong Ale, Bitter Ale, Stout, Pils, Bitter, Ale, Oud Bruin, Witbier, Lambic, IPA e APA di qualsiasi colore, Wild Ale, Amber Lager viennese, non c’è genere che non abbia esplorato. E se proprio vuoi sapere anche questo: sì, anche le analcoliche, che son o diventate la sua ossessione più recente! Il Messia non si discute, si adora!

Ma è quando vira sui gusti sour che il genio danese diventa commovente, in particolare quando si cimenta con lo stile Berliner Weisse. Certi sostengono di aver iniziato a parlare in tedesco, senza averlo mai studiato prima, dopo averne ingurgitato il giusto quantitativo! Giusto per citarne una fra le tante, ecco che dal mio libro dei ricordi esce la Koppi Coffe Ipa, in cui il gusto tostato del caffè si abbina assurdamente bene agli agrumi grazie alla inconcepibile collaborazione tra il luppolo americano Citra e il caffè biologico Michiti dall’Etiopia.

A questa spericolata ricerca, aggiungiamoci la cura maniacale ed artistica per l’etichettatura: nel 2015 uno studio di design scandinavo ne inventò una speciale per la Winter Bier Limited Edition di quella stagione, sulla quale c’era disegnato lo scheletro di un albero che si popolava di foglie non appena la bottiglia veniva tolta dal frigo e iniziava a prendere temperatura. Anche questa mania ha ispirato folle di piccoli home brewers.

Chi c’era e beveva agli albori del movimento, ha ben presente l’impronta decisiva di questo artista della birra. Oggi Mikkeller è un nome che è finito un po’ in secondo piano, messo in ombra dai tanti allievi che ha contribuito a far nascere, ma conserva un nutrito manipolo di discepoli che lo adora religiosamente. Se Teo Musso è il Jim Morrison del mondo brassicolo, Mikkel Borg è sia i Beatles, sia i Nirvana contemporaneamente!

Ed è buffo pensare alla Danimarca in termini eno-gastronomici, eppure è proprio qui che risiedono uno dei migliori chef del mondo, Renee Redzepi e, ovviamente, il nostro eroe. Il mio sogno gastronomico segreto, è quello di poter cenare al Noma sorseggiando Mikkeller.
Se un tempo c’era del marcio in Danimarca, hanno posto rimedio egregiamente!

Per ora, aspettiamo solo di poter tornare a fare assembramenti gaudenti il più presto possibile. Era il 3 febbraio 2020 quando a Milano veniva inaugurato il primo Mikkeller Bar d’Italia. Avevo in programma un pellegrinaggio di adorazione ma poco dopo pare che sia successo qualcosa nel mondo che ha costretto un po’ tutti a cambiare abitudini temporaneamente. Il pellegrinaggio, quindi, è solo rimandato a tempi migliori. A causa della divisione tra regioni in Lager, Dunkel e Weizen, è diventato cervellotico, purtroppo, anche varcare il confine lombardo-piemontese per fare il consueto pieno di bottiglie alla Bottega della Birra di Arona, uno dei tempietti dedicati al culto di Mikkel. Fortunatamente le Mikkeller si possono acquistare on line. Per il momento ci accontentiamo così.

«Se non scendi a compromessi e fai quello che vuoi, io ti considero craft». Bevete in pace. Così parlò Mikkel Borg Bjergsø.

Puntate precedenti – 1. L’Agripub di Gallarate – 2. U-Fleku – 3. Hacker Pschorr 1417 – 4. Ayinger und Aktien – 5. La Rebelde di Orso Verde – 6. Conciati come il Belgio – 7. Acido Acida

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