Da un lato il mondo pop, dall’altro quello classico. Si potrebbe cominciare da questa doppia visuale a raccontare l’evento birraio e mediatico organizzata da Baladin ieri – lunedì 23 novembre – e aperto a un numero relativamente limitato di esperti, giornalisti e blogger di settore, tra i quali il sottoscritto – Damiano Franzetti – per Malto Gradimento.
Classico e pop dicevamo, e forse non è un caso che sia stato proprio uno come Teo Musso – che piaccia o no, è un vero e proprio esploratore a 360° per quello che riguarda la birra – a prendere contemporaneamente due strade che a prima vista sembrano portare in direzioni diametralmente opposte.
La via classica è la prima a essere stata presentata, in uno scenario naturale magnifico: la grande grotta di Bossea – che dista qualche decina di chilometri da Piozzo – è stata teatro del primo brindisi con la “Metodo Classico”, birra che va subito a posizionarsi nella gamma speciale di Teo Musso. Alcoolica (oltre i 10°), “morsicabile” (diciamo così: lo stesso Teo del resto spiega: «la sensazione è quella di addentare una fetta di panettone»…) e quindi molto corposa, dolce ma con una lama amara sul finale alla quale concorrono i lieviti, più che i luppoli. E poi la bottiglia di 900 grammi, la produzione numerata, la metodologia usata che prevede gli stessi passaggi utilizzati per lo spumante – appunto – metodo classico.
«Un omaggio a una lavorazione italiana – incalza Teo mentre propone gli abbinamenti con alcune chicche culinarie, rustiche ma ricercate, preparate dal suo staff – perché dell’Italia io sono orgoglioso». Lieviti dicevamo: quello usato per la prima fermentazione arriva da un ceppo che Musso – spiega – ha recuperato anni fa da Laphroaig; il secondo invece compie il suo lavoro per dodici mesi. Birra importante quindi, per lavorazione e tenore, probabilmente anche per il costo. Birra di cui non si può abusare ma che si pone su un piano occupato fino a ora da ben pochi prodotti accostabili.
Lasciata alle spalle la parte classica, la giornata “Baladin23” (trovate questo hashtag su Twitter e Instagram) è virata in Pop. Lo mettiamo maiuscolo, perché è il nome proprio della seconda novità, la birra in lattina, destinata a dividere pubblico e addetti ai lavori e forse – ma se Teo ha fatto questa scelta, si può prevedere che sarà così – a diventare la nuova frontiera per il movimento artigianale. O per lo meno per quei birrifici che hanno numeri e rete sufficienti a supportare una svolta di questo tipo. Anche qui si può discutere se Baladin sia stato il primo in assoluto (proprio a due passi da Varese – ma in Svizzera – Bad Attitude ha già da anni scelto anche l’alluminio; idem per alcuni importanti marchi esteri) ma probabilmente è destinato a essere capofila pur non possedendo una propria linea (molto costosa) ma affidandosi a un produttore industriale per il confezionamento.
Che dire della Pop? La birra – di cui non è specificata la tipologia – è prodotta con luppoli cascade e mosaic coltivati in Italia (Baladin lavora anche su questo fronte, in mezzo a centomila altre cose) e fa leva sul dry hopping per essere maggiormente caratterizzata. Una birra piacevole, facile, di buona qualità (non un capolavoro), che dovrebbe essere venduta a un prezzo inferiore ai 3 euro (si parla di 2.80 al dettaglio, qualcosa meno nei locali del gruppo) e che forse è passata in secondo piano, scavalcata dall’attenzione al packaging (sei diversi colori per le lattine, all’interno il contenuto è lo stesso) e dagli abbinamenti cibari serviti ai tavoli del pub Baladin di Piozzo, dove tutto è nato. E trattandosi di un evento pop, in cucina è stato chiamato chi su queste tre lettere ha creato una grande carriera: Davide Oldani. E anche qui, piaccia o non piaccia (perché Teo Musso ha anche parecchi detrattori nel mondo birrario, anche se nessuno si sogna una guerra dichiarata), Baladin ha saputo giocare come nessun altro sul piano di emozioni, alleanze, originalità e collaborazioni. Forse non è vero che “è tutta colpa sua”, ma di certo sa come si segnano le strade.
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