Certe idee e certe iniziative, nel mondo della birra artigianale italiana, possono nascere solo da quelle parti. Ovvero da Piozzo, Cuneo, e da Baladin, forse il birrificio nostrano più famoso un po’ per la lunghissima esperienza un po’ per l’attività e la riconoscibilità del suo fondatore, Teo Musso. Che oggi ha aggiunto alla “squadra” direzionale il figlio Isaac (caso raro: un ragazzo che di nome conoscono tutti, visto che Teo chiamò come lui una delle sue birre più famose) e che ha lanciato da Milano quella che sarà la più grande raccolta fondi aperta al pubblico nel campo della birra artigianale del nostro Paese.
Nella cornice di Cascina Nascosta, all’ombra della Torre Branca, Teo e Isaac Musso hanno presentato un progetto di equity crowdfunding teso a far crescere ulteriormente una azienda che oggi impiega oltre 60 persone a Piozzo (tra produzione, uffici e ristorazione-accoglienza), che ha un fatturato di 16 milioni di euro (2023), vende in 47 nazioni e produce per ora circa 26mila ettolitri all’anno.
GLI OBIETTIVI – Numeri minuscoli in relazione agli obiettivi che si pone Baladin nell’arco di cinque anni, quando cioè si compirà – nelle intenzioni di Musso – questa nuova Beer Revolution. Un processo che dovrà portare un massimo di 5 milioni di euro (di più non è consentito dalla legge italiana) nelle casse di Baladin che promette di investire per arrivare a sfiorare i 100mila ettolitri annui (vedremo come) e i 50 milioni di fatturato. E nel 2028 potrebbe proseguire addirittura con la quotazione in borsa o con una nuova ricerca di finanziamento.
COME FUNZIONA – Per la raccolta, Baladin si è legata alla piattaforma Mamacrowd che fa parte del gruppo Azimut. «Potevamo scegliere diverse strade – spiegano Teo e Isaac – ma siamo un birrificio artigianale, indipendente e con una forte base di persone a noi affezionate, quelli che chiamiamo baladiniani. Ci rivolgiamo a loro e per questo la quota base che si può versare è bassa: si parte da 250 euro. Poi, a seconda dell’investimento di ciascuno si rientrerà in diverse classi che avranno benefit e possibilità via via maggiori». In questo momento è possibile solo effettuare una preiscrizione – siamo in fase cosiddetta di coming soon – che andrà confermata al momento dell’inizio ufficiale del crowdfunding. Chi però promette ora l’adesione (fase early bird) avrà maggiori benefici; intanto tutti a prescindere dalle quote riceveranno il kit del “Teku Club”, la membership del birrificio cuneese.
QUI IL LINK per accedere alla pagina del crowdfunding su Mamacrowd
I TRE PILASTRI – Teo e Isaac Musso sono entrati comunque più a fondo del progetto parlando dei tre “pilastri” che guideranno l’operazione. I primi due sono relativamente semplici, l’altro merita un discorso a se stante. Il primo è l’investimento in persone: «Vogliamo integrare una serie di figure che permettano di arrivare a quei risultati di volumi e fatturato di cui abbiamo detto, con i quali sarebbe garantita la sostenibilità di tutta la filiera». Si parla di persone perché a livello di impianti e strutture Baladin è già attrezzato per mettere a terra il progetto.
Salvo che per il secondo aspetto: la necessità di scavare un pozzo (tra i 250 e i 300 metri di profondità) nei pressi della sede di Piozzo. L’obiettivo è quello di avere acqua a sufficienza per produzione e lavaggio impianti che sarà, poi, depurata in maniera ecologica e riutilizzata per irrigare i campi circostanti, compresi nella filiera.
OPEN HUB: SEI BIRRIFICI A BERNAREGGIO – Ed ecco al terzo pilastro, in più “succoso”. Nel 2022 Baladin ha acquisito un grande birrificio a Bernareggio, nel cuore della Brianza, costruito da altri ma mai utilizzato. Quello diventerà il cosiddetto Open Hub, un impianto sul quale lavoreranno sei birrifici per produrre una birra alla spina ciascuno, destinate al circuito italiano dei distributori. Una mossa che ha molteplici finalità: serve ad “allearsi” con altri produttori rilevanti, ad aumentare il volume di produzione e di vendita, a stringere rapporti ulteriori con un mondo – la distribuzione – con cui talvolta ci sono frizioni e incomprensioni.
I cinque partner sono tutti di grande valore: Opperbacco, Birra Perugia, Ritual Lab, Altavia e MC-77, curiosamente però ognuno con sedi lontane dalla Lombardia con grande prevalenza nel Centro Italia. «Ho visitato una trentina di birrifici senza parlare di “Open Hub” – spiega Musso – e al momento della selezione finale non ho tenuto conto della geografia. Piuttosto ho pensato agli stili che li hanno resi famosi e al rapporto umano creato con i birrai, perché poi dovremo lavorare gomito a gomito. Non è una operazione di facciata ma un progetto concreto». Teo spiega anche di «avere ricevuto un solo “No”, dovuto al fatto che il birrificio in questione sta attraversando una fase interna di traslochi e cambiamenti che non gli avrebbe permesso di convogliare le forze necessarie sull’Open Hub. Dovevano essere sei, sono rimasti cinque oltre a noi che, in quel contesto, punteremo sulla Nazionale, la prima birra prodotta interamente con materie prime italiane legate alla filiera di Baladin».
Il progetto è stato affidato a Lorenzo Ferrando, già figura di primo piano in Heineken dove si occupava di birre speciali. L’orizzonte temporale di Open Hub (che, tra l’altro, fornirà le birre ai locali Open Baladin anche se le società di gestione sono differenti) è di almeno tre anni: a quel punto gli altri marchi potranno decidere se proseguire o se terminare questa “incubazione” lasciando spazio ad altri. Non resta che attendere i primi risultati, finanziari e birrari (l’hub, però, inizierà a produrre nel 2025).
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