Tra i marchi trappisti, quello di Chimay – ovvero dell’abbazia di Notre-Dame de Scourmont – è senza dubbio uno dei più conosciuti, almeno in Italia, per via di due birre presenti da tanti anni nel nostro Paese che non a caso è il quarto mercato estero per importanza (dietro a USA, Cina e Francia). La “Chimay rossa” e la “Chimay blu” sono due referenze che hanno fatto la storia e che prima o poi sono passate sulla tavola di chiunque abbia provato – fin dagli anni Ottanta – a bere qualche birra differente rispetto alle classiche lager da supermercato che per tanto tempo hanno monopolizzato la scena.

Non è quindi un caso che l’Italia sia stata una delle prime nazioni dove Chimay ha deciso di presentare agli addetti ai lavori – purtroppo a distanza, ma il momento è questo… – la nuova birra, la quinta commercializzata dai monaci valloni. Dopo rossa e blu infatti sono arrivate nell’ordine la tripel (tappo bianco) e la dorée, quest’ultima otto anni fa (era la patersbier del monastero: prima di essere messa sul mercato era prodotta solo a uso interno, al massimo per i visitatori). Ora è la volta della Chimay 150, che ha questo nome perché la ricetta venne preparata per festeggiare i primi 150 anni di storia del marchio. Una ricorrenza caduta nel 2012, per la verità, ma come è stato detto in fase di presentazione per i monaci il tempo è un concetto relativo. E così è trascorso quasi un decennio tra quelle prime cotte celebrative e il confezionamento per il pubblico.

Il colore scelto, il verde, ha una funzione ben precisa: la “150” infatti è votata a profumi e sapori “del bosco”. Chi l’ha provata – non noi, purtroppo – parla di menta, bergamotto, eucalipto alle quali si aggiunge una nota piccante conferita dallo zenzero e da una speziatura complessa alla quale concorrono sia il coriandolo sia una spezia che i produttori hanno preferito mantenere segreta (definendola «rara, costosa e dosata con attenzione»). Vedremo quando arriverà nei bicchieri quali saranno le ipotesi fatte dagli esperti.

La Chimay 150 con il formaggio prodotto nella stessa abbazia: uno degli abbinamenti consigliati

I birrai di Chimay hanno inoltre utilizzato luppoli classici, il Saaz e l’Hallertau Mittelfrüh (coltivati in Belgio) e soprattutto il lievito autoprodotto che serve a produrre (ad alta fermentazione, con temperature elevate rispetto al normale – dicunt) tutte le birre di Scourmont. Lo stile nella quale si inquadra la nuova “tappo verde” è quello delle Belgian golden strong ale anche se «fatichiamo a parlare di stili, perché le nostre birre sono nate prima delle definizioni stilistiche attuali». Resta una annotazione fondamentale, parlando del prodotto: la gradazione alcolica. La “150” è infatti la Chimay più alcolica di sempre, il 10%: una birra “pericolosa” come del resto altre consorelle belghe, anche perché la freschezza predispone a bevute piuttosto generose.

Infine, si è parlato di distribuzione: si comincia il 1° di giugno con le bottiglie da 33 cl destinate esclusivamente al canale HoReCa, una scelta precisa per sostenere questo genere di distribuzione fortemente colpito dalla pandemia. Più avanti, quando la produzione permetterà un ampliamento delle consegne, la tappo verde sarà disponibile anche altrove e pure in bottiglie da 75 cl con tappo di sughero. Al momento invece, non si pensa ai fusti (e probabilmente non lo si farà neppure in futuro). Non ci resta che attendere per assaggiarla.

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