La birra artigianale italiana ha esplorato, in questi 25 anni di vita, tantissime strade ma – probabilmente – non si era ancora sposata con un mondo che nel nostro Paese rappresenta comunque un comparto tradizionale e apprezzato, quello dell’aceto. Una frontiera che è stata valicata ora da uno dei birrifici più conosciuti e simbolici, Baladin, che mercoledì 17 marzo ha presentato “Opera”, una birra studiata e realizzata in collaborazione con l’Acetaia San Giacomo di Novellara, in provincia di Reggio Emilia.

Non è un caso quindi se nell’evento – esclusivamente online – pensato per il lancio di Opera, Teo Musso (l’inventore di Baladin) sia stato affiancato da Andrea Bezzecchi, titolare dell’acetaia reggiana e grande esperto di tutto quel che gira intorno all’aceto, a partire dal Balsamico Tradizionale Dop, un’eccellenza clamorosa della gastronomia italiana. Per realizzare Opera, la strada scelta è stata quella di partire dall’aceto di birra (aceto di malto, ufficialmente) che come tutti gli aceti creati con un cereale (quello più diffuso è il riso, fondamentale per le cucine d’Oriente) ha origini molto molto antiche, tanto che Bezzecchi ha citato i Sumeri come primo popolo ad adoperarlo.

«Abbiamo iniziato a pensare a una birra del genere circa tre anni fa – ha spiegato Musso – e ne è nato un prodotto che vuole essere un personale omaggio al mondo della ristorazione, in un momento molto complicato». Un omaggio che si rifà al passato lontano di Baladin, quando le prime bottiglia da 75 cl, iniziavano a fare capolino – grazie alla caparbietà di Musso – in locali che fino a quel momento avevano in carta solo vini di un certo livello. Il rapporto tra birra e gastronomia è rimasto una costante nell’attività del birrificio cuneese e Teo ha ribadito questa sua scelta, ricordando anche che la ristorazione e il cibo hanno sempre avuto un ruolo centrale nel mondo Baladin.

Teo Musso durante la presentazione online di “Opera”

Ma come si produce una birra definita “gastronomica” dai suoi creatori, che sfugge – ma questa non è una novità per Baladin – ai canoni degli stili tradizionali? La partenza avviene dalla produzione dell’aceto di malto: si parte da una birra, la Elixir nella circostanza, che viene posta in un barile di legno per subire il processo dell’acetificazione. Questo aceto verrà poi unito alla birra di base quando quest’ultima sta per completare la propria fermentazione (a due giorni dal completamento); un blend effettuato alla temperatura di 25 gradi. In questo modo, l’anidride carbonica prodotta durante il processo fermentativo della birra permette di saturare il tino di fermentazione e inibire così la crescita degli acetobacter presenti nell’aceto. Una attenzione particolare, necessaria a evitare lo sviluppo di cattivi odori o sapori nel prodotto finito. La birra viene poi posta a maturare per un periodo di tre settimane a zero gradi e non viene rifermentata in bottiglia – unica tra quelle della gamma di Baladin da 75 cl) – anche in questo caso per evitare che gli acetobatteri possano rientrare in azione, modificando così le qualità organolettiche.

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Un esperimento non semplice, che ha richiesto un periodo lungo di progettazione e di prove sull’impianto pilota ma che alla fine ha visto la luce. Il nome ha anche un riflesso sociale, nel senso che questa birra sarebbe dovuta nascere all’interno del carcere milanese di Opera dove era prevista l’apertura di un microbirrificio nell’ottica di dare ai detenuti la possibilità di lavorare. L’arrivo del Covid-19 ha momentaneamente stoppato anche questo progetto che quindi è stato sviluppato nelle strutture di Baladin, ma il nome è rimasto quello originale che ha anche riferimenti alla musica classica e alla sinfonia musicale.

A degustazione in corso… la schiuma passa, il resto resta (e si evolve)

LA BIRRA

Per descrivere Opera, è stato chiamato alla corte di Baladin uno dei più noti degustatori d’Italia, Simonmattia Riva. A lui, che si è formato alla Accademia Doemens e che in passato è stato campione del mondo di biersommelier, è stato affidato il compito di descrivere la nuova birra di Piozzo. Lo abbiamo seguito fedelmente, ma ve la racconteremo anche mettendoci qualcosa di nostro.

Opera presenta innanzitutto un cappello bianco di schiuma fine, compatta ma non troppo persistente. La birra è color rame, con riflessi aranciati e viene servita a una temperatura di circa 12/14° C. Al naso le prime note che si avvertono sono quelle apportate dal lievito e dalla parte maltata: datteri, frutta secca, pasta di mandorle. Personalmente ho avvertito anche un nota “vinosa” mentre Bezzecchi – da addetto ai lavori – ha sottolineato anche quella “donata” dal legno del barile dell’aceto. Poi arriva la ventata rinfrescante, con fragolina di bosco e più in generale frutti rossi.
In bocca si avverte subito una carbonazione bassa e sottile, ma comunque presente (Musso ha spiegato che era esattamente quella che stavano cercando in sede di progettazione della birra). In avvio sono le note dolci a prevalere, con Riva che cita pan-briosche, il fico secco, il burroso sottolineando poi l’arrivo di una “sciabolata rinfescante” con una presenza acida molto moderata, ben lontana dalle “acide” propriamente dette. Non mancano poi le note pepate, lo zenzero e una componente speziata che aiuta a non interrompere la bevuta ma a proseguirla con un sorso ulteriore. Attenzione, in questo senso, all’alcool che è tanto presente (8,5%) quanto ben nascosto, come da tradizione. L’amaro esiste ma è sfumato, poco intenso come ci si aspetta da un prodotto simile.

Sugli abbinamenti, non ci dilunghiamo perché tutti gli intervenuti – anche lo chef Gennaro Esposito, due stelle Michelin nel suo “Torre del Saracino” di Vico Equense – hanno azzardato la propria ipotesi (CLICCANDO QUI, se volete, trovate il webinar integrale). Tutti comunque concordano sul fatto che Opera possa essere bevuta tanto a tavola quanto nel dopo cena, anche con la possibilità di “spalmare” la bottiglia su due o tre momenti diversi (nel senso che la birra “resiste” anche per un paio di giorni, oltre a evolvere nel bicchiere man mano che la si degusta). «Ideale quella sera che litigate con vostra moglie e cercate una consolazione» è la chiusura di Esposito, tra le risate. Ma per fortuna, Opera è adatta anche in tanti altri momenti.

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